Di Antonio Gregolin –Testo e foto riservati copyricht 2011-
BUZESCU, DOVE IL RAME DIVENTA ORO.
La “Romwood” rumena, caso unico al mondo, coi suoi palazzi faraonici frutto del commercio del rame degli zingari, che tengono l’oro nei cassetti di casa.
Pensi subito al Paese dei Balocchi di Pinocchio, quando vedi Busescu, piccolo e sperduto villaggio in piena campagna, a 150 km a est di Bucarest. Il cartello d’ingresso, storto e malconcio, non fa presagire granché. Tanto più che si tratti di un confine virtuale : oltre la realtà è stucchevole, e serve tanta fantasia per tutti per immaginare ciò che ti si prospetta davanti. “Questa è Romwood” ti scatta di pensare immediatamente. Nessuno te lo dice, ma guardandoti attorno, l’impressione è la meraviglia che sconfina nel chic più vero. Un’unica strada principale, asfaltata e con tante piccole vie laterali tutte sterrate. Ma il divertente qui, sono le case, le ville. Anzi i più: le regge.
Il paese è anche conosciuto per essere una zona franca non riconosciuta, dove di fatto a governare sono esclusivamente i “zigani Rom”. Che siamo in una “Terra di Mezzo” lo s’intuisce dalle facce scure, ornate di gioielli. Sono i signori del villaggio, seduti davanti le loro fastose ville, che controllano ogni genere di movimento.
Qui fino agli anni ’90 c’era solo campagna e la povertà regnava sovrana. Da allora qualcosa – anzi molto- è cambiato. Qui i Rom hanno fondato il loro piccolo impero, E’ stato “il miracolo delle pentole di rame”, ovvero quell’artigianato da cui i Rom dicono di ricavare i proventi per poi edificarsi le loro ville faraoniche. “E’ da questo commercio –ci conferma rompendo l’iniziale diffidenza Stefan Vasile, 47 anni con un sorriso a 24 carati-, che storicamente noi ricaviamo i soldi per costruirci le case”. “Se poi aggiungiamo l’eredità (sempre d’oro Ndr) di ogni famiglia…”, questo giustifica o quasi, perché davanti alle case si trovino anche le macchine milionarie dei proprietari.
MA QUESTA NON E’ LA ROMANIA
Insomma, Buzescu non è certo quello che si può dire Romania. I veri rumeni, qui ci sono ma abitano poco dietro le faraoniche case: sono povera gente, spesso anziana, che sopravvive grazie agli aiuti che arrivano dai figli emigrati all’estero. Da una parte la ricchezza ostentata degli zingari, dietro la povertà di chi campa con pensioni da 50 euro al mese, che si sposta solo a cavallo.
Difficile credere che ci troviamo per usi e costumi in Europa. Qualcuno afferma che il caso Buzescu sia addirittura unico al mondo: “Da nessuna parte troverà dei Rom che vivono come qua…”, dice Vasile mostrando polsi ricoperti da bracciali e anelli luccicanti. Lui non è certo un’eccezione. Poco più in là salutiamo “Tarzan” il figlio del capo Zaharia che da dieci anni è il “sindaco” non ufficiale della comunità.
“Ovviamente la sua casa equivale al suo prestigio, ed è la più bella e grande del paese”, come ci tiene a precisare il figlio. E’ costata quasi cinque miliardi (lire) e ha una superficie che supera i 450mq per piano. Un palazzo di cinque piani con colonne e terrazze tutto intorno. Non si può visitarlo perché “il padre-padrone” è fuori per affari. “Se poi però voleste visitarla –aggiunge il figlio-, servirebbero oltre mille euro trattabili per l’intervista”. Rinunciamo e salutiamo. Le informazioni immobiliari dicono che qua i prezzi per acquistare una casa anche se di piccole dimensioni, parte da una base minima di 100mila euro in su. Se non ci si accontenta, e si preferiscono le grandi dimensioni bisogna disporre da 1 a 3 milione di euro.
“COMPRO FERRO E RAME”
Tranquillamente seduto sotto un cartello in cui si legge “Compro ferro vecchio” che sembra una vignetta, c’è il signor Stoica che segue i nostri spostamenti. Anche lui non ha lesinato a spese in quanto a fastosità. La sua casa alle spalle ha tre piani ed è nella media dell’architettura locale: un misto di stile neocoloniale americano e rumeno della Transilvania. Gli architetti però sono tutti locali, che negli anni si sono specializzati affinandone lo stile. Mi preme però sapere se anche qui sentono la crisi: “Il lavoro per ora non manca – mi dicono- e i palazzi continuano ad espandersi”. Il signor Stoica, denti e bracciali d’oro come da tradizione ha un cappello nero e un aria da autentico “mecenate” che pretende assoluto rispetto. Inizia come da tradizione una trattativa per poter visitare la sua casa. Si passa in breve dai mille euro iniziali ai 30 euro, intervista inclusa. Tutto qui è economia, incluse le parole e la ricchezza è mostrata solo se giustamente remunerata. Su questo è meglio non discutere, ma trattare. “Siate i benvenuti” ci dice Stoica aprendoci portone e porta dopo aver intascato i soldi pattuiti. L’androne è un bel biglietto da visita: scalone centrale in marmo bianco, due statue greche in gesso ai lati e un poster tropicale centrale. Il frigo è tipicamente americano, e non mancano le luci colorate sul soffitto per le feste. Una discutibile fusione di stili che ben rappresentano i gusti della signora Juliana.
ORO, ORO, ORO… TUTTO IN UN CASSETTO!
Troviamo la moglie di parecchio più giovane di Stoica nella sua camera da letto, secondo una regia per niente casuale, mentre sta indossando i gioielli per mostrarsi presentabile: oro, oro, ancora oro.
Anche Stoica non si trattiene e dal cassetto del comodino, ecco che tira fuori a piene mani catene, pendagli, bracciali e crocefissi da mettere al collo. Il ferro di cavallo che indossa per ultimo, pesa -appena- due chili d’oro massiccio.Il “Re Mida” mostra poi il suo asso nella manica: una cravatta in maglia d’oro che lui indossò il giorno del matrimonio. “Cosa che qui facciamo tutti…” aggiunge u pò stupito della mia meraviglia. “Quando scelsi mio marito –incalza l’energica moglie Juliana,- lui si presentò alla mia famiglia con tutto quest’oro.
Avevo 12 anni e lo scelsi più per la sua ricchezza che per amore” dice facendosi una fragorosa risata. “Un tesoro di marito” mi viene spontaneo rispondergli. “Ma noi qui non siamo i più ricchi. I veri ricchi qui sono i Grinea che abitano poco più in là!” si affretta a precisare la coppia un pò sconsolata. Difficile è capire cosa intendano per “veri ricchi” dopo che Stoica ci spiega che tutto qui viene pagato o ripagato in “mahmudele”, gli scellini d’oro ereditati nell’800 durante il regno austro-ungarico.
Veri e propri “zecchini” d’oro da 24 carati, che lui estrae dal solito comodino. “In casa -confessa Stoica- non abbiamo neppure una cassaforte e come noi tutti o quasi gli abitanti di questo villaggio!”. “Non temete i ladri?” sbotto io. “Macchè – risponde lui con ironia-, qui non abbiamo bisogno della polizia, bastiamo noi a proteggerci dai ladri”.
“Quello che poi guadagniamo con il commercio del ferro e rame ci permette di mantenere questo stile di vita”. E che vita! ” In Romania chi vuole rottamare l’auto –conclude lui-, guadagna appena un euro. Noi poi rivendiamo quel ferro ai cinesi a prezzi di molto superiori, facendo quel guadagno che ci permettere di sentirci pienamente europei”. E’ il momento di salutarci, la visita è finita. Pago il conto per l’intervista che mi permette di ritornare nella Romania normale.
Anche il loro saluto ha un ché di diplomazia Rom. Sventolano la bandiera europea dicendomi: “Siamo noi i più ricchi d’Europa!”. Difficile non credergli. Difficile non farmi allora una domanda: “Posso diventare Rom anch’io?”. “Rom si nasce, non si diventa…” si affretta a dirmi Stoica chiudendo secco il discorso. “Buona fortuna” sono state le sue ultime parole. “Grazie ne abbiamo bisogno…” gli risposi a questo al paperon de paperoni.
L’ALBUM DELLA MEMORIA
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