Di Antonio Gregolin -© riproduzione vietata del testo –
I “SCHEI” CHE AVEVAMO
L’intervista con Gianantonio Stella, autore nel 1996 del celebre libro “Schei”, racconta qui il radicale cambiamento e la crisi della società italiana. “Se penso a quel mio libro, stando ai fatti che accadono oggi –ci dice il giornalista-, mi pare preistoria!”.
Dal suo celebre libro “Schei” del 1996 ad oggi, c’è di mezzo la più grave crisi economica che il nostro Paese dal dopoguerra abbia vissuto. ”Crisi o recessione, chiamatela come vi pare, ma se non è zuppa e pan bagnato. Sta di fatto che da 1996 è cambiato tutto…” risponde Gianantonio Stella, volto noto del giornalismo italiano che da veneto (nato ad Asolo nel 1953), negli anni è diventato la “coscienza critica che fa le pulci al malcostume italiano. Un lavoro da virtuosi e coraggiosi. Ne parla con noi il noto giornalista che graffia i poteri forti.
Stella, come sta il nostro Paese oggi?
Bene sotto certi punti di vista; l’economia ad esempio si sta risollevando. Maluccio invece sotto molti altri aspetti, tra questi quelli documentati nel libro.
Ad esempio…
Da dove cominciamo? Servirebbero otto ore per risponderle. E’ come se dicessimo se è peggio il clientelismo o la devastazione del territorio? Tutto è così fortemente collegato che è difficile dare delle risposte rapide a un sistema così complesso come il nostro.
Se molti dei nostri “malanni” sono il risultato delle scelte fatte dai nostri politici, stando alle pagine del suo libro, davvero questi sono tutti uguali?
No! Chiamparino non è Cuffaro. Cofferati non è Loiero. A destra come a sinistra è pieno di politici “per bene e capaci, solo che in senso generale, noi non ci possiamo sostenere una classe digerente con questi privilegi (si dica che il nostro Quirinale –è scritto nel libro-, ha costi quattro volte superiori a quelli di Buckingam Palace della regina Elisabetta). E’ la gestione di questo nostro Paese a rendersi inaccettabile, e assolutamente inaccettabile!
Parliamo ora di quel suo Veneto considerato come “la locomotiva d’Italia”?
Il Veneto ha un problema che è quello di una gestione esclusivamente egoista dove ognuno si fa gli affari suoi. E’ un sistema quello veneto che non è mai riuscito -scusate il giro di parole-, a far sistema. La nostra è una Regione, e lo dico da veneto quale sono, nel quale c’è stata una esasperazione totale dell’individualismo che ha portato a fregarcene di tutto ciò che c’è intorno a noi. Questa idea ha creato e continua a creare dei veri disastri sociali e politici. Occorre che il Veneto si faccia carico di una gestione d’insieme delle cose, altrimenti è inutile che ogni volta che fanno un governo ci lamentiamo perché non ci sono veneti. Non c’è ad esempio un veneto, un trentino o friulano, che sia mai diventato nella storia della repubblica, presidente della Confindustria. Sono anni che il Veneto ha una rappresentanza ministeriale che è drammaticamente più bassa rispetto al resto delle altre regioni.
Il motivo è che abbiamo un modo di gestire noi stessi assolutamente frammentato. Noi siamo un insieme di formicai che non riescono ad avere delle api regine; anzi, ci sono guerra intestine che reprimono le queste cose… Ogni comune ad esempio, si fa i “ca..i” suoi, senza nessun tentativo di fare dei progetti allargati; così le nostre strade sono il frutto di una cattiva gestione del territorio come noi abbiamo qui. Capisco che ai vicentini possa dare fastidio essere equiparati alla situazione napoletana, ma le nostre strade e quelle di Napoli sono frutto della stessa gestione.
Questo giustifica l’idea del federalismo e/o secessionismo sbandierato dalla Lega?
Se parliamo di secessionismo, dico che è una grande “cazzata”, di cui non condivido neppure una briciola. Diversamente il federalismo, se è sul modello tedesco mi va benissimo; se invece federalismo significa vedere Totò Cuffaro che gestisce Selinunte evitando così di abbattere insediamenti abusivi, allora preferisco lo stato centrista francese.
Il federalismo cui vengono date delle deleghe di gestione che poi sono usate malissimo, non mi interessa. Dipende tutto dalle competenze: se a un nostro sindaco ad esempio, cui è stato consentito di devastare il territorio, pretende il federalismo per avere i poteri assoluti per continuare nella sua devastazione senza dover rispondere a nessuno, questo non va bene. Oggi la Lega non è più un partito di protesta, bensì un rappresentanza molto simile agli altri partiti e per certi versi anche peggiore. L’esempio l’abbiamo avuto proprio quando al parlamento si è trattato di votare quella legge che serviva ad equiparare i super stipendi dei nostri parlamentari (15.706 euro al mese di media) i più alti d’Europa, a quelli europei. La Lega si è regolata astenendosi o votando contro come avrebbero fatto un Gava, un Pomicino, un Tanassi o tutti quei peggiori elementi che vengono raffigurati dall’immaginario collettivo leghista. Così la legge non è passata! Il vicentino “leghista” ad esempio, è una realtà dalle molte sfaccettature, non è solo quello protesta, delle quote latte, del capitalismo sfrenato; ma è anche quello della manifestazione pacifica per il Dal Molin, è una culla di grandi talenti scientifici e letterari. E’una città viva e lo stesso mi pare sia la sua provincia, pur essendo una realtà molto complesso difficile da sintetizzare in poche parole.
Non ci lascia molti margini di speranza però…
In questa situazione e con questo tipo di sistema elettorale, oggi è impossibile migliorare e miglioraci. Non c’è modo di punire chi governa male! Ecco allora che l’unica soluzione disponibile al momento è quella del referendum che non risolverà tutto, ma metterebbe in crisi certi sistemi regimentati dai partiti. Questa mi pare che sia l’unica strada maestra che noi italiani dovremmo percorrere. Bisogna che tutti i cittadini facciano più politica, anche se si tratta di una casta chiusa che molte volte impedisce loro l’accesso. Sono poi per il finanziamento pubblico per i partiti, altrimenti fa politica solo chi è benestante. Questo è un regime che ha il monopolio del potere e se lo tiene stretto; ma visto che siamo per la democrazia l’unica cosa è provare ad entrarci. Ci sono due modi per cambiare: uno è quello di fare la rivoluzione; l’altro è accettare il sistema democratico fino in fondo, comprese le sconfitte.
Ciò potrebbe far pensare che Lei è pronto a scendere in politica?
No, no! Macché, credo di essere più utile facendo quello che so fare meglio: scrivere.
C’è così da sperare nel ricambio generazionale?
Quando scrissi “Schei” i ragazzi che aspiravano ad un posto fisso, erano il 4%, i restanti volevano mettere su un’impresa propria. Qualche anno dopo quelli che volevano il posto fisso erano già saliti al 28%. Oggi sono certo, che lo stesso sondaggio dimostrerebbe con assoluta chiarezza che la maggioranza dei nostri ragazzi aspirano al posto fisso.
Vuole dirmi che rischiamo di non farcela?
Se si pensa che “farcela” voglia dire chiudersi in casa, allora penso che i veneti non ce la faranno. Se non trovano il coraggio di aprirsi come hanno fatto in passato estirpando l’idea di far valere regole tutte nostre che per gli altri non valgono, la vedo dura. Molto dura!
Avrebbe così tanti e buoni argomenti da poter scrivere un “Schei” atto secondo. Ci sta pensando?
No! Non m’interessa. Ho già altri libri per la testa. In Italia può mancare tutto, meno che le notizie!
“SONO UNO DALLE MOLTE IDENTITA’ COME L’ITALIA!”
Il parere di uno dei più noti giornalisti italiani sull’Unità d’Italia
“Italia, sì. Italia, no…”cantava qualche anno fa Elio e le Storie Tese dal palco di Sanremo. “Italia, forse…” che oggi celebra “divisa” la sua Unità a 150 anni dalla sua fondazione. “Che le celebrazioni abbiano finalmente inizio…” direbbe il ciambellano di corte del tempo dei Savoia. Ma in epoca repubblicana e “libertina” come la nostra, la ricorrenza viene vissuta sotto molteplici aspetti.
(Nel marzo scorso a Vicenza, fuori da una discoteca è stata bruciata su un falò la sagoma di Garibaldi con la scritta “L’eroe degli immondi”).
Più che criticare un gesto che si squalifica da solo, mi piacerebbe chiedere ai suoi autori cosa sanno della Storia d’Italia? La loro può essere una goliardata, come no! D’altro canto, c’è chi in questa Italia fa politica con le battute come fosse tutta una goliardata. Non ci si stupisca allora, se poi si confonde la storia con l’assurdità. Mi pare così irrazionale prendersela con un personaggio come Garibaldi. Se a contestarlo poi sono anche i leghisti, permettetemi di dire che se c’è stato uno che citava Pontida e la battaglia di Legnano, come punti di riferimento per incoraggiare le sue camicie rosse a battersi contro il nemico, quello fu proprio Garibaldi. Le sue colpe sono l’avere unito il sud all’Italia? Primo, bisogna mettersi nell’ottica di quel momento storico, dopo di che ogni opinione è legittima. Ma da qui a dire che è stato un bandito e suoi garibaldini una ghenga di malavitosi, come si sente dire da qualcuno, risponderei di dare le prove storiche! Bisogna studiare e assumersi la scomodità di approfondire i fatti. Credo sia legittimo in una Italia unita e democratica come vorrei fosse il mio e nostro Paese, pensarla anche diversamente dalla storia che andiamo celebrando.
Quello che è illegittimo è rovesciare infamie (ma il termine più eloquente sarebbe “me…”), contro un Garibaldi che più volte ha dato prova di essere stato più disinteressato di tanti altri. Ha guadagnato Caprera? Si sappia che l’isola delle capre, che non era la Costa Smeralda di oggi, è venne regalata con una sottoscrizione spontanea avviata dai lettori dei giornali inglesi, al condottiero italiano perché potesse ritirarsi in pace. Lui, non ha mica rischiato la pelle per diventare presidente di qualcosa! Se fosse stato un ladrone, come mai era amato da tutto il pianeta? Dopo l’Unità era già immensamente famoso in Sudamerica per le sue gesta. Come mai venne eletto all’Assemblea Nazionale francese, anche se poi temendo che la sua popolarità potesse dare fastidio, annullarono la sua elezione? Come mai il francese Dumas seguì solo Garibaldi? Trovatemi un Dumas che oggi vada dietro a qualcuno di quelli che sparano su Garibaldi? Ecco perché sotto il cielo dell’Unità d’Italia, vedo una grande confusione. Ognuno racconta un suo pezzo di storia: così hanno fatto i Savoia, poi i fascisti, dopo i partigiani, e ora c’è la Lega con la sua “verità” sui fatti. In tutti possiamo trovarvi un pizzico di verità, ma non la Verità! Ai leghisti chiederei: cosa sarebbe stata Torino senza l’immigrazione del Sud? Dove vanno a finire molta produzione del nord? Si dica che oggi il Piemonte avrebbe il 58% della popolazione se non avesse avuto gli immigrati meridionali. Cosa avrebbe fatto poi la Fiat senza la manodopera del Sud?
Tante domande, dunque. Io però celebrerò la mia Unità, mettendo fuori di casa la bandiera italiana, orgoglioso di essere cimbro, asiaghese, vicentino, veneto, settentrionale, ma di essere anche italiano ed europeo. Dover rinunciare ad una sola di queste identità, mi darebbe fastidio perché io sono tutte queste cose messe assieme. Concludo con una frase di Josefh Roth che fa dire al protagonista di uno dei suoi romanzi: “Sono nato per vivere in una casa e non in un cesso!”.