Di Antonio Gregolin – testo e foto riproduzione vietata copyright 2011-
GIULIETTA E ROMEO DEI CAMPI
L’esperienza di un ragazzo siciliano e una giovane padovana che a ventuno anni, da operai decidono di diventare –contro tutto e tutti- coltivatori biologici. Un esempio per i tempi della crisi.
Ad intrecciare questa storia d’amore, ci sono due giovani con la medesima età. Una passione condivisa, ma soprattutto oggi, l’attaccamento alla terra, tale da poter essere definiti come “Giulietta e Romeo dei campi”. Una doppia storia d’amore nata da un capo all’altro dell’Italia, che oltre ad unire le loro anime, sanciscono il loro legame sul campo lavorativo a stretto contatto con la terra. Hanno così reinventato il loro futuro di coppia. E dire che entrambi vantavano un posto assicurato dentro un capannone tra le industrie del profondo Nord, quando decidono di licenziarsi per inseguire un sogno: diventare agricoltori biologici.
Lui, Davide Russo è un ventisettenne siculo di Mirto nel profondo Messinese, cresciuto tra cielo, mare e terra, circondato da ulivi e agrumi nella masseria del padre “Pippo”. Lei, Mara Zulato, ventisette anni di Baone nella Bassa Padovana, ha fatto la spola fin da ragazzina tra il Nord e il Sud, dove andava in vacanza da parenti nello paesello di quello che sarebbe diventato il suo compagno di vita. Per anni la loro fu un’amicizia scandita dai tempi della scuola e dell’estate vacanziera in Sicilia. Poi la scintilla che diventerà amore giovanile, nonostante gli oltre mille chilometri che li separavano. Davide è cresciuto con i valori contadini del buon cibo, della vita all’aria aperta e la coltura dei campi. Mara invece, ha sempre respirato l’aria del Nordest produttivo e imprenditoriale. Ragazzi diversi ma semplici, entrambi con un diploma di pasticceri, ma con prospettive diverse da quello per cui avevano fin lì studiato. Il loro amore diventato ormai stabile, impose raggiunti i diciotto anni delle scelte drastiche, con Davide che nel 2008 decide di lasciare la Sicilia per trasferirsi laddove vive la sua “Giulietta”. “Una scelta sofferte –racconta Davide-, al punto che il giorno in cui lasciai casa mia, andai a salutare gli alberi e gli animali del posto…”.
A Baone ad aspettarlo c’era Mara, come un mondo totalmente diverso da quello che aveva lasciato in Sicilia. Alle pendici del Parco Regionale dei Colli Euganei (Pd), chi oggi lavora la terra sono solo i vecchi. I giovani studiano e trovano impiego in ufficio o nei capannoni industriali. L’agricoltura dunque è cosa per pochi, con l’industria che ha fagocitato campi e tradizioni e faceva sentire il giovane siciliano, arrivare da un altro mondo. “C’è una nuova vita da rifarsi..” pensava Davide che accetta di lavorare come magazziniere e poi operaio in un’azienda locale: “Intravvedevo i campi solo nel breve tragitto da casa ai capannoni -racconta Davide-, e ogni volta qualcosa mi turbava dentro…”. Nel frattempo, viene assunto a tempo indeterminato, così che il futuro per lui sembra assicurato. Per due anni Davide dimentica la terra e vive tra scaffali e pareti di cemento. I suoceri veneti, erano soddisfatti: “Ti abituerai…” gli ripetevano. Mentre il padre Giuseppe dalla Sicilia, percepiva che qualcosa nel ragazzo non andava
Il miraggio del Nord visto dal Sud sembrava essersi coronato con il posto in fabbrica, ma l’altro suo grande amore, quello per la terra, l’avrebbe presto indotto a compiere “la pazzia più gioiosa e faticosa della sua vita” come oggi la definisce Davide. “Ogni giorno mentre mi trovavo in fabbrica, mi ripetevo: tornerò alla terra. Ma non sapevo come e quando ciò sarebbe accaduto e mi dicevo che il tutto sarebbe rimasto un sogno!”. Così non fu, e prese presto quella decisione che lo portava contro tutto e tutti. Un giorno del 2010 la svolta. Prende in affitto alcuni ettari di terra da un contadino locale, e di lì a poco si licenzia per diventare a tutti gli effetti l’agricoltore che si sentiva dentro. “Affittai con qualche risparmio, quattro ettari di terra agricola nel territorio di Baone, cominciando a coltivare le mie idee e la mia passione”. Non gli bastava essere un agricoltore tradizionale, in testa aveva un progetto più radicale: “Volevo dare agli altri ciò che la terra mi aveva dato, convinto che produrre cibo genuino, sia un modo per amare noi come pure gli altri”. Mara con qualche perplessità, vede Davide determinato. Pensa inizialmente ad una sbandata giovanile, ma il ragazzo in pochi mesi e con l’esperienza di uomo cresciuto in campagna, diventa a tutti gli effetti un lavoratore dei campi del Nord. “Conoscevo la sua ostinazione e lo spirito di sacrificio di cui era capace –racconta Mara-, così lo lasciai fare, convinta che nessuno l’avrebbe fermato…”. Invece di trovare incoraggiamento, trovò subito chi lo ammoniva sull’errore che stava compiendo: “I primi a sconsigliarmi di coltivare ortaggi in quella terra, furono gli stessi agricoltori locali, avvezzi ai soliti metodi di coltura tradizionale. Figuriamoci dover spiegare loro che volevo mettere in pratica l’agricoltura biologica, la loro espressione facciale valeva più di ogni loro considerazione verbale”. In paese tutti lo vedevano come un sognatore ad un passo dal fallimento: “Qui –mi ripetevano- non se magna coi campi…!” Ma Davide non molla e oggi può sostenere d’aver dato la sua risposta. Trascorsi i primi anni e consolidata l’attività agricola, il suo nuovo passo è stato l’acquisto di quattro ettari di terra e qualche altro campo preso in affitto. Oggi ha aperto un punto di distribuzione a Baone con il nome di “Orto del Sole” (www.ortodelsolebio.it), dove vende il raccolto dei suoi campi: pomodori, patate, peperoni, zucchine, meloni, angurie e perfino l’antico grano “monococco” con cui si sfamavano le legioni romane. Ma anche verdura e frutta ormai dimenticata, all’insegna della biodiversità che Davide vuole rispettare e fare riscoprire. “Mi sono fatto arrivare sementi antiche dalla Sicilia, varietà di verdure da varie parti d’Italia e ho piantato un frutteto di frutti antichi. Tutto rigorosamente di stagione, coltivato coi crismi della più rigida naturalità”. Dall’azienda al banco di verdura nei mercati biologici è stato breve, tanto che due volte alla settimana loro raggiungono le piazze di Padova e provincia per commercializzare la sua frutta e verdura.
Nel frattempo, la giovane fidanzata Mara, contagiata dalla passione del suo “Romeo”, ne calca l’esempio pensando ad un possibile sbocco futuro insieme nei campi. I due diventano una coppia anche sul piano lavorativo. Le difficoltà degli inizi non mancano. I guadagni sono pochi e le fatiche tante: “Nella bella stagione – ricorda Davide- arriviamo nei campi alle cinque del mattino, per finire alle nove di sera. Le vacanze possiamo concedercele solo a dicembre e per due settimane, quando faccio ritorno in Sicilia. La raccolta della verdura non da tregua, basta guardare le sue mani”. “Oggi i campi che coltiviamo sono diventati nostri, e nella stagione dei raccolti possiamo anche assumere qualche giovane bracciante agricolo. Sempre più giovani disoccupati in questi anni vengono a chiederci di raccogliere verdura, ma dopo essersi accorti di quanto duro sia il lavoro nei campi, mollano tutto e se ne vanno…”.
“La mia vita è radicalmente cambiata -aggiunge il giovane agricoltore-, e l’essere passato dal cemento ai campi è una rivoluzione che mi ha profondamente trasformato. Oggi stagioni e luce sono i nostri indefessi datori di lavoro. In estate, prima arrivano i pomodori, i meloni, le angurie, le zucchine e la “pastinaca” (la carota bianca), e una infinita gamma di varietà orticole che sembrano scomparsi dai mercati. La biodiversità è una ricchezza di sapori e gusti, sempre più sconosciuti al nostro palato. I clienti ci chiedono tutto su misura. Le regole del mercato dettano legge e modificano i comportamenti”. Una tendenza cui Davide si oppone: “Cerco di proporre sempre ai nostri clienti varietà orticole che spesso neppure conoscono. Verdura colorate che arriva dal sud Italia o frutti da incroci selvatici. Oggi, più che i gusti, bisogna coltivare ed educare gli acquirenti!”. “Per noi –gli fa eco la compagna Mara-, tutto dipende dal tempo che fa, e ritmi delle nostre giornate vanno ben oltre l’orario di fabbrica cui eravamo avvezzi. La nostalgia per il posto fisso ogni tanto riaffiora, ma poi guardo lui e vedo il suo rapporto con la terra, e tutto mi passa…” .
La vocazione per la coltivazione biologica (prima era stata anche biodinamica), per Davide “non è una moda, ma uno stile di vita e sta tutto nella radicata conoscenza della terra” applicata alle moderne conoscenze di coltivazione. Per questo si limita al massimo nell’utilizzo di mezzi meccanici. L’unico sostegno, ce l’ha da un vecchio trattore che usa per dissodare i campi. Qui anche il frigo nell’azienda è “naturale”: “Conserviamo patate, zucche e meloni ecc. direttamente sotto la paglia come facevano i miei nonni. E funziona, credetemi!”. Eppure, Davide non ha rinunciato alla spensieratezza di una macchina sportiva e il palmare: “Chi l’ha detto che uno che produce naturale deve essere fuori dal mondo?”. Se poi gli chiedete il perché della sua perfetta abbronzatura, sorride e indica i campi. “Altro che la spiaggia!” risponde. Alla fine viene spontaneo se dopo tutto questa è la vera felicità? “Non so se sia felicità piena! Ma so per certo quanto sarei infelice senza i miei campi e questo lavoro…”, risponde il giovane con una saggezza naturale, che si avvale del sorriso della sua compagna, intenta a spostare casse di pomodoro, coltivati come “la terra comanda“. Un amore quello di questa “Giulietta e Romeo” che vogliono far cresce e matura proprio nei campi che coltivano.
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