di Antonio Gregolin testo e foto riservati – copyright 2012-
IL CONTADINO DI LABIRINTI
Ha ricreato il labirinto di Chartres nel suo campo di grano. Opera di un agricoltore vicentino, creativo per natura
Una piccola Chartres tra i campi di grano. Nulla però a che vedere coi misteriosi “crop circles” o cerchi nel grano, perché qui il costruttore ha un volto, un nome e una pragmatica tecnica di costruzione per niente segreta. Eppure è un vero e proprio labirinto riprodotto sul modello di quello della cattedrale francese, interamente naturale, il tutto riprodotto su un campo di grano, dove il marmo delle cattedrali, il pensionato-agricoltore con l’estro creativo, il vicentino Giuseppe Bertuzzo, 70 anni, l’ha dignitosamente sostituito con le spighe del suo campo, seguendo lo stesso metodo di costruzione rimasto inalterato nei secoli. Così l’agricoltore dalla spiccata passione per la natura, ha visto nel suo campo coltivato davanti casa sua, l’area più adatta dove realizzarvi un labirinto. Galeotta fu la visita nel marzo scorso alla cattedrale di Lucca, dov’è riprodotto un labirinto su pietra. Tornato a casa e folgorato da quel geometrico perdersi e ritrovarsi, Giuseppe pensò di fare un regalo ad una amica che non era andata con lui a Lucca. Riprodusse con del nastro adesivo sul pavimento di casa quello che aveva ammirato nella cattedrale toscana. Non appagato, l’agricoltore ha poi pensato di fare le cose in grande. Con la complicità della moglie Anita, Giuseppe inizia a studiare il metodo sul come realizzare il suo labirinto a grandezza naturale. Trascorse settimane a studiare sui libri le cattedrali di mezza Europa, scoprendo la differenza tra un labirinto che ha una via di uscita, e un dedalo che invece ha un percorso chiuso. “Conoscevo i labirinti – spiega l’agricoltore- , ma non avrei mai pensato alla ricchezza simbolica celata in essi. Simboli medievali che si sposano con il mio stile di vita, semplice e naturale, che ho deciso di mantenere ed onorare”. Un vero appassionato Giuseppe che fa della coerenza uno stile di vita: “Vede le piante del mio giardino? Ognuna di queste l’ho piantata per ricordare un evento speciale per la mia famiglia. C’è il platano del mio matrimonio, il noce di quando è nato il primo figlio. La quercia per il secondo genito, fino a tutti i nipotini. Ognuno ha il suo albero personale”.
Anche il viale di olmi che fa da cornice al labirinto di grano, ha una storia: “E’ stato il mio regalo di nozze per mio figlio Oscar. Gli ho regalato nientemeno che un viale alberato, sotto cui oggi la nostra famiglia si ritrova a fare festa”. “Nulla di nuovo –gli preme ribadire Giuseppe-, visto che i contadini di un tempo erano soliti piantare un albero per ogni nato…”. Sulle tracce di queste tradizioni perdute, Giuseppe è pure un affermato ricercatore e costruttore di vecchi giocattoli antichi che lui fabbrica ed espone. Ma è pure un nonno che fabbrica per i nipoti una casa sull’albero, da sogno. “Con il labirinto però – spiegano i figli-, papà ha superato sé stesso!”. Da autodidatta è giunto alla realizzazione pensando di tagliare le spighe quasi una ad una, fino a creare l’intricata ragnatela di sentieri che portano alla meta centrale.
L’idea è caduta sul labirinto più famoso del mondo, quello della cattedrale di Chartes, che è anche tra i più complessi da realizzare: “Grazie all’aiuto di mia moglie –spiega Giuseppe- a metà maggio, nonostante le difficoltà climatiche abbiano rallentato la crescita del grano, con dei picchetti abbiamo delimitato il perimetro del futuro labirinto. I figli ci guardavano con un certo scetticismo, ma conoscendo la mia caparbietà non hanno opposto resistenza”. Il grano cresce e Giuseppe passa alla parte più complessa del progetto: lo dello sfalcio degli steli. “Stavo per intervenire su 450mq di campo coltivato – spiega il contadino- e un solo errore avrebbe compromesso l’intera opera. Le redole dovevano mostrarsi tutte uguali, con le medesime distanze e 40cm per il passaggio”. Realizza tutto come da progetto originale, con la ruota dentata di 112 denti come a Chartes e sei petali interni. Colloca l’entrata del labirinto ad ovest, facendo sì che chi lo percorrerà sia diretto ad est verso il sole nascente, rispettando così l’antica regola dei labirinti. Si avvale di una corda per tracciare le curve e poi con l’ausilio di forbice e decespugliatore, inizia a “scolpire“ il suo campo.
Due giorni di taglio e il lavoro è completo: “Bastava una curva imprecisa – aggiunge Giuseppe- e tutto sarebbe stato vano”. Con pazienza certosina i due pensionati fanno l’impresa: un labirinto all’uscita di casa. Uno spazio intimo che però Giuseppe stenta a mostrare ai curiosi, aiutato da quella natura che ne occulta l’opera. Dal piano infatti il labirinto si nasconde col resto del campo di grano. Una distesa di spighe che se viste dall’alto mostrano tutto l’ingegno occorso per dare la giusta armonia alle forme.
“Chi l’ha percorso –assicura un testimone- deve dotarsi di pazienza, così che in ventina di minuti si arriva al centro”. Un autentico percorso iniziatico cui gli uomini moderni non sono più abituati: “Anzi, -conclude soddisfatto il costruttore agreste di labirinti- la gente sembra smarrita quando stanno in mezzo alla natura. Figuratevi portare un uomo di città, fin dentro un labirinto, per di più in un campo di grano. Rischia di perdersi, come può anche ritrovarsi! Ritrovarsi nel labirinto per gli uomini di oggi significa anche riscoprire il tempo delle stagioni”. Per questo lascerà che i chicchi cadano naturalmente a terra e germinino l’anno successivo”, quando allora spunterà nuovamente il labirinto di grano.