Di Antonio Gregolin -©riproduzione vietata del testo-
DANILO MAINARDI: ANIMALE A CHI?
Danilo Mainardi, zoologo e volto noto della televisione, racconta la sua esperienza “a tu per tu con gli animali”, con qualche sorpresa anche sul nostro comportamento “bestiale” .
“Dare del tu agli animali, è un preciso impegno morale!” A sostenerlo è Danilo Mainardi “l’amico degli animali” più conosciuto d’Italia, ma soprattutto lo zoologo ed etologo che fa scuola a molti divulgatori scientifici. Docente emerito alla Cà Foscari di Venezia, oggi è un pensionato d’oro grazie alle sue tante passioni: scrive libri (è autore di oltre 200 pubblicazioni), articoli sul Corriere della Sera, il Sole 24ore, è ospite fisso di Piero Angela a Quark e altre trasmissioni. Ha ereditato dalla sua famiglia la passione per il disegno, diventando così un eccellente disegnatore. Elementi che a 78 anni compiuti lo rendono ancora effervescente nella volontà di spiegarci le iterazione, spesso complesse e controverse, tra noi e gli animali. Oggi con l’aria del vecchio saggio ha un canale preferenziale di conoscenza e rispetto verso la biodiversità che lo circonda. Si fa vanto solo se gli dite che “conserva la semplicità di un contadino, ma con la mente di uno scienziato!”. Bel tipo davvero questo professore che ama ripetere : “L’ecologia ci insegna che la nostra unica patria resta questo nostro strano ma affascinante mondo”.
Professor Mainardi, lei è parmigiano di nascita, ma veneziano di adozione…
Veramente sono nato a Milano e a Parma sono arrivato dopo il liceo, nel ’52, però mi sono fermato in quella bella città per quasi quarant’anni. Avevo scelto Parma perché avrei trovato, come docente il prestigioso genetista Luca Cavalli Sforza, con cui poi pubblicai i miei primi lavori scientifici”.
Quando ha capito che da grande avrebbe fatto lo zoologo?
L’interesse per gli animali l’ho avuto fin da piccolo, trasmessomi da mia mamma, e portandomelo appresso per tutta la vita. Penso si possa chiamare veramente una vocazione”.
Ma cosa fa uno zoologo? L’idea corrente è quella del compianto Konrad Lorenz che seguiva le sue oche. E’ davvero così?
E’ così, ma non solo. L’etologia è solo una costola della zoologia, quella che più si presta a essere raccontata perché parla di comportamenti. Per gli specialisti però, esistono tante altre parti : come la sistematica ad esempio.
Quando e come è diventato il comunicatore scientifico che conosciamo?
Ho imparato un poì per volta, ma credo che la ragione principale del mio successo, se posso chiamarlo così, risieda in una parola: empatia. Il piacere di rendere gli altri partecipi di informazioni che a me sono sempre sembrate bellissime, oltre che interessanti”.
Le viene riconosciuta la dote della semplicità nella comunicazione. Si ha l’impressione di sentire parlare un saggio agricoltore, con la mente dello scienziato!
Mi piace l’idea del contadino. In realtà, pur essendo nato a Milano i miei genitori venivano dalla campagna. Chissà, forse i figli apprendono dai genitori e nel mio caso credo proprio sia stato così, e ne vado fiero!
Lei usa bene la parola, ma ha anche la peculiarità di fare dei disegni di animali a complemento dei suoi libri. Perché?
Altra mia vocazione, ed anche questa ereditata culturalmente, ma da mio padre, che è stato un bravo pittore, con cui mi divertivo fin da piccolino a disegnare insieme. Poi, da professore, ho notato che ai ragazzi piaceva molto il fatto che facendo lezione accompagnassi le parole coi disegni che facevo alla lavagna. In fondo, disegnare è la prima forma di comunicazione umana… Un istinto pure questo!”.
Certo però che lei va ben oltre gli schizzi. La sua è grafica pura…
“A volte, guardando qualche mio disegno che mi è venuto particolarmente bene, ho questa sensazione, ma è difficile per uno come me, intendo un uomo di scienza, comprendere cosa sia esattamente un’opera d’arte. Mi manca ancora una chiara definizione”.
Dall’alto della sua esperienza come giudica il rapporto tra uomini e animali ?
“Vede, questa domanda mi fa venire in mente una risposta maligna: anche l’uomo è un animale! Un animale straordinariamente diverso da tutti gli altri, perché è quello in cui la cultura ha assunto una parte assolutamente dominante nel suo modo di stare al mondo. Aggiungerei che l’Homo Sapiens è una specie, gli altri animali sono milioni di specie: dai più minuscoli invertebrati allo scimpanzé”.
Spesso, troppo spesso, il nostro rapporto è in conflitto con gli animali…
“Da poco meno di diecimila anni, il rapporto tra noi e le altre specie non è equilibrato. Da quando infatti l’uomo ha iniziato ad “addomesticare” piante e animali, è partito il processo dominante dell’uomo sulla natura. Sono cominciati così i problemi per l’ambiente. E mai come oggi lo si può vedere”.
Per questo le chiedo: si vedono cagnolini coi cappottini, boutique per animali, uomini che portano a passeggio i cani di razza al guinzaglio, orgogliosi di mostrarsi, mafiosi che tengono nel loro giardino tigri o pantere. Crede che questo denoti il nostro apice evolutivo?
“E’ vero, tanti fenomeni diversi e tutti negativi, almeno secondo la mia concezione di vita personale e sociale. Di apici evolutivi ce ne sono tanti, perché l’evoluzione ha più rami. L’idea che noi rappresentiamo il vero e unico apice dipende dal fatto che stabiliamo noi quali sono le caratteristiche che ci regalano questa supremazia. E questa mi pare pura presunzione!
A proposito di evoluzione umana: che idea ha sulle nostre origini?
L’ho già accennato: la nostra specie s’è specializzata per caratteristiche pressoché uniche, legate alla sua capacità di produrre cultura, tra cui un linguaggio plastico e mutevole, una autocoscienza molto sviluppata, un senso etico ed estetico, la consapevolezza della propria morte con ciò che ne consegue.Tutte cose straordinarie, però, dal punto di vista della sopravvivenza produciamo troppi comportamenti maladattativi, e ciò è pericoloso per noi come per tutti gli esseri viventi di questo pianeta”.
Non crede invece che molto sia indotto dalla moda? Da sempre avere un animale raro è uno status symbol?
“Anche questo è vero! I generali hanno sempre cavalcato su un cavallo bianco. Ma gli esempi potrebbero essere tanti altri…”.
Quasi tutti dicono di amare gli animali, eppure in Italia come nel mondo, si uccidono milioni di animali ogni anno per mangiare o altro. Anche la buona tavola però può concorrere all’estinzione di molte specie?
“I problemi sono altri. Innanzitutto, siamo troppi. Ecologicamente siamo un’anomalia determinante per la vita di questo pianeta. Poi non è tanto il mangiare animali, quanto il non rispettarli, il farli vivere malamente, il non comprendere le loro necessità a disonorare i nostri comportamenti verso gli altri esseri viventi che condividono la nostra stessa terra”.
Se fosse un moderno Noè e avesse un’arca non sufficientemente grande per accogliere tutte le specie animali, quali lascerebbe a terra e perché?
“Provi a immaginare? Sarebbe la soluzione di tutti i problemi del pianeta…”.
Come se lo immagina il futuro degli animali?
“Molte specie si sono estinte, altre sicuramente si estingueranno. Si dice che noi siamo all’interno della sesta estinzione, la prima dopo quella dei dinosauri. Estinzione, in quanto sono molto più le specie che spariscono di quelle nuove che compaiono. Ma alla lunga, credo che gli animali se la caveranno…”.
E quello degli esseri umani?
“Questo è il vero problema: in questo caso sono decisamente meno ottimista”.
Aggiungiamoci poi i cambiamenti climatici…
“Esistono molti dati riguardanti gli animali che lo confermano…”.
“Moltissime specie di uccelli hanno spostato il loro areale di nidificazione di parecchi chilometri verso nord, nessuna verso sud, ed hanno anche anticipato le date di inizio. Nell’Adriatico sono arrivati moltissimi pesci tropicali, fin nel golfo di Trieste”.
Pensando a tutto ciò, quali sono i suoi timori e speranze?
“Quanto alle paure preferisco non parlarne, tanto più che sono intuibili. Quanto alle speranze, che pure teoricamente esistono, risiedono nel fatto che noi basiamo il nostro stare al mondo sulla cultura, e cambiare un comportamento culturale maladattativo potrebbe essere abbastanza facile, volendo. Volendo…”.
Professore, lei cosa ha imparato dal rapporto con gli animali ?
“Credo di aver capito cosa si perde pensando che il mondo sia fatto solo da esseri umani. E poi ho imparato ad avere rispetto per ogni forma di vita…”.
Questa però è etica?
“Certamente, un’etica totale, svincolata da ogni forma di ideologica strumentalizzazione”.
Lei è però anche presidente onorario dell’Unione Atei e Agnostici. Razionale fino in fondo? Questo stride un po’ con le sue precedenti affermazioni…
Cerco di essere il più razionale possibile. Non riesco a credere scavalcando la ragione, ma rispetto chi sa farlo. Ci mancherebbe…
Restiamo in tema anima-animale, la cui radice comune della parola porta a pensare gli animali come creature dotate anche di spirito. Cosa ne pensa?
Potrei rispondere sì e no, dipende dalla definizione che si vuol dare a spirito. Certi animali sono provvisti di una mente, una consapevolezza di sé, di altruismo, di capacità di pensiero e ragionamento, di sentimenti…
Faccia un esempio?
Posso dirle molti mammiferi, uccelli e poi anche incredibilmente, certi invertebrati come l’ape, il polpo.
Non crede che in molti casi il nostro “istinto bestiale” –basti vedere la cronaca quotidiana-, corrisponda al reale comportamento degli animali o siamo peggio noi?
L’istinto non è mai cattivo. Quando noi siamo peggio è solo per motivi culturali o per patologie.
Lei parla con sentimento degli animali. Ha mai pianto per la morte di un animale ?
Non sono uno che piange facilmente, ma ho sofferto molto per la scomparsa dei miei cani.
Qual è l’animale che ama di più?
Forse il cane, ma anche tanti altri, il cavallo, i colombi, potrei fare un lungo elenco.
Quello che ama meno?
Non saprei, mi interessano tutti e non ne odio nessuno.
Tra i suoi preferiti ci sono i gatti, e ne decanta spesso le virtù. Perché?
I gatti hanno una mente autonoma, cosa che cani non hanno. Mi interessa il confronto tra queste due specie così diverse e capirne i motivi.
Ci si aspetterebbe che uno zoologo viva circondato di animali. E’così anche per lei?
Attualmente in casa mia non c’è neanche un animale domestico, ma ho voglia di comprarmi una coppia di cocorite.
Ormai è un emerito professore in pensione dopo una onorata carriera. Cosa non ha ancora fatto o vorrebbe fare?
Alle Galapagos ci sono già stato, e per parecchio tempo, ma ne ho un po’ di nostalgia. Mi piacerebbe ritornarci. Forse da vecchi è più bello ritornare che scoprire cose nuove. Comunque non so. Sono troppo impegnato in quanto sto facendo.
Come vorrebbe essere ricordato?
Guardi, io ho un concetto del tempo da studioso dell’evoluzione. Ragiono cioè in termini di centinaia di migliaia di anni, o addirittura di milioni o di miliardi (la vita è cominciata più di tre miliardi di anni fa e probabilmente finirà sul pianeta tra circa cinque, quando il sole si spegnerà – me l’ha insegnato la mia amica Margherita Hack). Sono pertanto certo che dopo pochissimo tempo non verrò ricordato, e nemmeno Giuseppe Garibaldi, tanto per dire. Bisogna farsene una ragione. Questa storia dell’essere ricordati, dura troppo poco, non vale la pena pensarci.
Le va se parliamo della nostra situazione italiana. Non le pare un grande zoo?
Eccome…
Dove il più grande mangia sempre il più piccolo…
Non è sempre così , pensi ai parassiti. In questo si può leggere ciò che mi auspico per il nostro futuro sociale!
Mi risponde con una metafora ?
Direi di sì, e prendo a prestito una definizione in un film di uno dei miei registi preferiti, Woody Allen, che mette in bocca ad un attore la risposta su cosa sia questo nostro mondo e la sua natura: “E’ un grande ristorante!”.
Vogliamo congedarci con una nota positiva. Dopo tanti anni di studio e insegnamento, qual è la storia che la commuove pensando al comportamento degli animali?
Gliela dico subito: a Venezia, zona Cannaregio, c’è un’area definita “dei vedei”, cioè dei vitelli. C’è la calle, il sotoportego, la corte, insomma, tutta una zona dove venivano ammassati gli animali che arrivavano con dei barconi dalla terra ferma, fino al vecchio macello. Ogni volta che vedo i ragazzini che festanti vengono qui in gita scolastica, penso che loro hanno un biglietto di andata e ritorno. Ripenso poi a quei vitellini, e mi viene in mente che per loro arrivare qui, significava essere arrivati al capolinea.